Il Museo di Casa d’Erci ha sede in edifici di secolare uso colonico, mantenutosi fino al 1960 circa. Nella sistemazione ad uso museale si è cercato di rispettare, per quanto possibile, l’identità di un ambiente tipico e rappresentativo dei modi di vita nell’’agricoltura mezzadrile di quella zona.
Nonostante ciò, tenuto conto dei vari interventi eseguiti negli ultimi venti anni e della necessità di registrare quanto attualmente si conosce sulla storia, si riassumono qui le notizie sulle strutture e la loro funzione nel tempo.
Casa d’Erci è il nome dato in anni recenti alla casa colonica del podere denominata da secoli “Il Casino”. Erci è il nome del ruscello che scorre a fianco della strada e che confluisce nel torrente Bosso qualche centinaio di metri più a valle. Il toponimo “Casino” – sinonimo di piccola abitazione- è comune in Toscana già nel medioevo. Un documento del Monastero Camaldolese di Luco attesta l’esistenza di terra coltivata a “Chasalino” (sicuramente qui intorno) nel XII secolo.
Il primo documento che ci informa con sicurezza dell’esistenza del podere e della casa è una carta facente parte delle “Carte dei Capitani di parte” (A.S.F.512- Mappe di popoli e strade – C.448) redatte nel 1583.
Un inventario redatto nel 1764 (A.S.F – Ospedale di Santa Maria Nova – 159 – F.308, del quale la trascrizione è consultabile presso il museo) descrive il podere e la casa da lavoratore quali si presentavano a quella data.
la casa “contiene otto stanze quattro a terreno e quattro a palco, stabbiolo dei maiali e capanna murata”. La “capanna murata all’altezza di braccia uno e mezzo (circa 90 cm) con tetto di stecconi e terre cotte fatte a comignolo sostenuto da sette pilastri e torsi di muro” ha sicuramente costituito la base sulla quale, in epoca documentabile, è stato costruito il rustico ancora oggi esistente a lato dell’abitazione e recentemente restaurato.
“Vi abita Tommaso Naldi, lavoratore di questo podere unitamente con quello di Castellonchio” continua il documento citato, che descrive poi in dettaglio tutte le stanze della casa; la struttura edilizia trovi pochi riferimenti con quella attuale e risulta, se non misera, relativamente povera rispetto alle case dei poderi migliori a quote più basse.
I registri di “Stato delle Anime” della Parrocchia di S.Stefano a Prezzano ci informano della presenza di contadini nel podere- tenuto sempre a mezzadria- a partire dal 1675. Dagli stessi registri e da altre fonti risulta il seguente elenco di proprietari:
1675: podere del Sig. Ludovico Ulivi
1751: podere si Santa Maria Nova (a partire dalla metà del 1400 l’Ospedale fiorentino possiede la fattoria di Prezzano con poderi in numero crescente fino ali inizi del 1800); nel 1764 viene redatto l’inventario sopra citato per mettere “all’incanto” la fattoria;
1784: podere del Sig. Francesco Martini;
1807: podere di Santa Maria Nova
Nei primi decenni del 1800 il podere passa “a livello” alla famiglia Barchielli insieme a tutta la fattoria di Grezzano e poi nel 1856 la famiglia Barchielli diviene proprietaria della fattoria;
Nel 1886 tutta la fattoria viene acquistata dal medico svizzero Edmond Daplles. I Dapples e poi i loro eredi rimangono proprietari fino al 1973 ma a partire dagli anni intorno al 1965 il podere del Casino e i territori montuosi circostanti vengono ceduti in proprietà al Demanio Statale.
Dai registri sopra citati si ricava inoltre che fino al 1816 le famiglie che vivono sul podere cambiano molto spesso e hanno sempre scarsa consistenza numerica. In varie annate, delle quali il 1817 è l’ultima, la casa risulta disabitata. A partire dal 1818 la situazione cambia notevolmente, nel contesto forse dei miglioramenti in agricoltura ed estensione dei seminativi in atto in quell’epoca. Abbiamo una famiglia Chini sempre piuttosto numerosa (8-12 persone) come del resto le famiglie che seguono, che rimane sul podere fino al 1871. Segue una famiglia Donati dal 1872 al 1887, poi la famiglia Innocenti Nepomoceni dal 1888 al 1890.
Nel 1891 subentra la famiglia Borselli che rimane fino al 1929, sostituita nello stesso anno dai Giovannetti che rimangono fino al 1962 quando, nel pieno del processo di disgregazione dell’agricoltura mezzadrile, il podere viene definitivamente abbandonato. Una copia della stima poderale fatta nel 1930 è consultabile nell’archivio del museo.
La tradizione orale indica nel primo ottocento come epoca di costruzione dell’attuale edificio.
Alcune emergenze architettoniche rilevate durante i restauri indicano altresì delle aggiunte a preesistenti corpi di fabbrica; aggiunte che hanno “sigillato” un piano di calpestio esterno (aia o cortile) rilevato durante i lavori di pavimentazione nella parte nord della casa. I frammenti ceramici inglobati nello strato che lo costituiva segnalano con buona sicurezza che l’uso del piano esterno non fu posteriore al primo ottocento. Sulla base degli elementi finora conosciuti appare molto probabile che una prima ristrutturazione sia del podere che della casa sia avvenuta già nel primo ottocento.
E’ certo invece che sul finire di questo secolo la proprietà Dapples effettuò lavori di restauro e ammodernamento su tutte le case della fattoria- insieme ad un generale miglioramento delle sistemazioni poderali- compresa quella del Casino, come attestano varie testimonianze orali e documenti scritti; osserviamo per inciso che uno dei muratori ha lasciato graffito sull’intonaco di un muro esterno (angolo destro a nord) un soprannome e la data: 1894.
La struttura attuale degli edifici è da far risalire pertanto, salvo le modifiche di cui parleremo, alla fine dell’ Ottocento o del primo Novecento.
Vediamo ora in breve le condizioni e gli usi dei vari ambienti della casa come abitazione colonica e successivamente come sede delle attività del gruppo d’Erci.
Fino al 1960 la casa e gli annessi di un podere grande, faticoso ma di buona produzione (si veda in proposito la scheda ad esso relativo) ospitavano da 8 a 12 bovini, una quarantina di ovini, qualche decina di suini e molti polli e conigli.
L’allacciamento all’acquedotto comunale viene realizzato nel 1950 mentre prima, per secoli, l’acqua veniva presa al ruscello ed alle sue fonti vicine. Nello stesso periodo arriva a casa l’energia elettrica e vengono messi in opera l’acquaio e il pavimento della cucina in graniglia (rimossi nel 1984 per recuperare la situazione originaria)
Nelle vicinanze della casa si trovano i ricoveri notturni per i polli (biche scavate nei ciglioni) e capanne per riparo dei carri e aratri, pagliai, etc. Un piccolo appezzamento ad orto era adiacente il muro dell’aia ed un altro simile dove ora si trova il capannone-segheria.
Il rustico di cui si è già parlato era usato come ovile; i maiali avevano i loro stalletti a nord di esso e sotto la loggia ora trasformata in saletta riunioni. La loggia era usata come concimaia e vi si trovavano i pozzetti per il recupero dei liquami della stalla.
Durante i lavori di sterro per il piccolo piazzale in cima alla strada di accesso sono venuti in luce i resti di una fornace (è visibile il cunicolo fornello) utilizzata, sembra, fino alla metà dell’ottocento per la produzione di calce per usi agricoli.
Un fontanile con cannella ed abbeveratoi per il bestiame si trovava in fondo all’aia, a destra, alimentato tramite una canaletta sotterranea in mattoni da una piccole sorgente nei campi.
Nel 1968 un gruppo di giovani di Luco (“primo Gruppo d’Erci) prende in affitto la casa dall’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali per svolgervi attività ricreative e culturali.
A quel momento la casa si presenta fatiscente all’interno e con il tetto parzialmente crollato. In tutta la zona circostante sterpaglie e rovi hanno invaso i campi- circa 6 ettari di seminativo (il solo bosco nei dintorni dell’abitazione era il querceto) dove ancora vegetano le viti, gli ulivi, i frutti del vecchio impianto poderale a coltura promiscua.
La strada di accesso,invasa da rovi e da vari sostituita da un sentiero nei campi, viene ripristinata. Numerosi lavori di restauro vengono effettati fra il 1968 e il 1975, all’interno e all’esterno della casa. A questo periodo si riferiscono alcune modifiche che risulteranno inopportune al successivo uso museale.
A partire dal 1977 l’attuale Gruppo d’Erci realizza una lunga serie di lavori per il recupero funzionale di tutto l’edificio e per il suo progetto di allestimento museale. Tra i più significativi ricordiamo la ricostruzione di buona parte del tetto e di vari solai, la messa in opera di tutti gli infissi, i diversi momenti di restauro su tutte le parti interne.
E’ impossibile, ovviamente, restituire un’immagine della casa nelle condizioni d’uso colonico delle quali, già nel 1968, rimanevano pochissime tracce e nessuna suppellettile. Si possono però fornire alcune informazioni sui vari locali, acquisite anche dagli ex contadini che vi risiedevano.
L’attuale stanza di ingresso era occupata per circa metà dai “servizi igenici” con ingresso all’interno, e da un pollaio con ingresso sulla strada. Nel piccolissimo sgabuzzino del “licet” si trovava solo il sedile di pietra con la buca. La stanza d’ingresso – detta “la loggia” – era usata come deposito per gli attrezzi più piccoli e suppellettili varie.
Nelle stalla potevano trovarsi fino a 12 bestie fra mucche da latte, bovi da lavoro, vitelli. Alcune prese d’aria erano state praticate nei muri ad est ed ovest (visibili all’esterno) per migliorare l’aerazione. Le mangiatoie (purtroppo demolite nel 1970) erano addossate ai muri dei lati sud ed est. La vasca in pietra è una recente sostituzione di un abbeveratoio in cemento. I liquami defluivano sul pavimento verso l’apertura della canaletta sotterranea conducente ai pozzetti di concimaia. Si tenga conto che l’utilizzazione di ogni sostanza atta alla concimazione era essenziale nell’agricoltura mezzadrile in ancor più in terreni poveri e pesanti come quelli di questa zona. Notevole importanza aveva perciò il recupero e gli “impianti” di conservazione dello stallatico e dei rifiuti organici umani ed animali. Rifiuti che venivano poi ripresi, per portarli nei campi, dalla concimaia e dai vari pozzetti.: del licet, dell’acquaio, disposti vicino ai muri esterni e chiusi da lastre di pietra. I locali adiacenti alla stalla sul lato nord avevano tutti ingresso soltanto dalla stessa stalla. Da sinistra a destra si avevano la “caciaia” per la lavorazione e conservazione del formaggio, la cantina, con sedili in legno per varie botti, la “stanza del segato” dove con il trinciaforaggi si triturava l’erba o il fieno per il bestiame. Questo locale (l’attuale cantina) era più piccolo perchè occupato in parte da due stalletti per i maiali con ingresso dalla loggia nord. Una grande botola aperta nel soppalco in legno lo metteva in comunicazione con il soprastante fienile.
L’ampio locale dell’ex fienile a cui ora si accede con la scaletta in legno era utilizzato come magazzino per il fieno, paglia e altri foraggi. Vi si accedeva soltanto dall’apertura che da sulla strada, sotto la quale si fermavano i carri per scaricare il foraggio; il grigliato a mattoni sul muro est è tipico di questi ambienti dove una buona aerazione era indispensabile alla conversazione delle grandi masse di fieno. Le aperture sulla parete nord e sud sono state realizzate in funzione del percorso museale.
L’ultimo locale a nord (dove è ora la sezione artigianato) era un magazzino per patate, granturco, uva, etc., per la pulitura di semi e piccoli lavori artigianali. Aveva grandi aperture senza infissi e un solo accesso (oggi murato) sopra l’ingresso della loggia e praticabile solo con una scala a pioli.
Delle altre quattro stanze del piano superiore dell’abitazione una era adibita a granaio e tre camere da letto (quella sopra la cucina, un po’ più calda perché vi passa la canna fumaria, era riservata ai nonni).
La ripida scala in pietra porta alla cucina dove, oltre a quanto già accennato, sono stati messi in opera i ripiani in legno ed altri interventi minori a fini espositivi. Il ceneraio, il forno da pane, il focolare, sono conservati, salvo gli indispensabili restauri, nelle vecchie condizioni d’uso.
I restauri del rustico annesso alla casa – attuale settore dedicato al lavoro boschivo – sono stati eseguiti fra il 1987 e 1989 con questi principali interventi: rifacimento della copertura e di parte dei muri esterni (da tempo in rovina); rifacimento della pavimentazione e restauro pareti esterne.; ripulitura del fossato, o scannafosso esterno, restauro delle aperture e messa in opera degli infissi. Il caminetto è una aggiunta realizzato durante i recenti restauri.
All’esterno sono state messe in opere staccionate e la pavimentazione di brevi tratti delle rampe stradali; sono stati restaurati i muri circostanti la casa e la pila dell’acqua nell’aia, dove si trovava anche un abbeveratoio; sono state ricostruite alcune baracche. Queste ultime erano già presenti in passato, con la loro copertura a “pagliaio”, ed utilizzate come riparo per gli attrezzi agricoli più grandi (il carro o la treggia, lo spuletto, l’aratro, l’erpice) o delle stie per l’allevamento dei conigli; per i pali da vite o legname vario; per le fascine da forno e la legna da focolare.
A cura del Gruppo d’Erci – Redazione Marcello Landi (Maggio 1989)